‘Permesso’ per assistere un familiare: la mancata comunicazione non è equiparabile all’assenza ingiustificata

‘Censurata’ la valutazione compiuta da una società. Per i giudici, difatti, ci si trova di fronte ad una mera violazione del dovere di comunicazione fondato sui principi generali di correttezza e buonafede

‘Permesso’ per assistere un familiare: la mancata comunicazione non è equiparabile all’assenza ingiustificata

Alla luce di quanto previsto dalla ‘legge 104’ – ‘legge quadro’ per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate – in materia di ‘permessi’ per i lavoratori che debbono prestare assistenza a un familiare in condizioni di disabilità, la mancata comunicazione al datore di lavoro della fruizione dei previsti ‘permessi’ non può essere equiparata all’assenza ingiustificata, quando tale equiparazione non sia espressamente prevista dalla legge o dal contratto collettivo applicabile, costituendo al più una violazione del dovere di comunicazione fondato sui principi generali di correttezza e buonafede, ma non integrando il fatto specificamente contestato dell’assenza ingiustificata
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 5611 del 3 marzo 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo al licenziamento inflitto da una ‘s.r.l.’ ad un dipendente ritenuto colpevole di nove giornate consecutive di assenza ingiustificata.
A fronte della specifica vicenda, già i giudici d’Appello hanno ‘censurato’ la linea dura adottata dalla società, osservando, innanzitutto, che i ‘permessi’ previsti dalla ‘legge 104’ non devono essere autorizzati dal datore di lavoro e che né la legge né il contratto collettivo disciplinano le modalità di fruizione dei ‘permessi’.
Certo, anche se non vi era un obbligo di richiedere il permesso, si doveva ritenere che il lavoratore avesse comunque l’obbligo di comunicare al datore di lavoro la propria decisione di usufruire del ‘permesso’, affinché il datore di lavoro potesse provvedere ad organizzare la sostituzione del lavoratore assente, annotano i giudici, i quali aggiungono che non poteva ritenersi illegittima tout court la prassi aziendale di far compilare al lavoratore il modulo in cui questi richiedeva i giorni di permesso di cui avrebbe usufruito.
Tuttavia, l’equiparazione tra la violazione del dovere di comunicare la fruizione del ‘permesso’ e l’assenza ingiustificata (equiparazione prevista in qualche contratto nazionale, ma nel caso di assenza per malattia), nella fattispecie non è consentita, sia perché non prevista dalle parti e sia perché la legge e il contratto collettivo non disciplinano modalità e tempistica della comunicazione, la cui doverosità è ricavabile solo dai doveri generali di correttezza e buonafede. Quindi, in mancanza di una disposizione di legge o di contratti ad equiparare mancata comunicazione dell’assenza alla mancanza di cause di giustificazione, l’assenza del lavoratore non può definirsi ingiustificata, essendo catalogabile, piuttosto, come violazione di un obbligo di comunicazione essenzialmente fondato sul dovere di correttezza.

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