Niente obbligo delle 38 ore settimanali per il primario

Il primario non è tenuto a rispettare l’orario di servizio in presenza che prevede un minimo di trentotto ore settimanali. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza del 28 febbraio 2025 del Tribunale di Reggio Calabria), i quali hanno perciò accolto le obiezioni sollevate da un dirigente medico di secondo livello e direttore di una unità operativa complessa in una struttura sanitaria calabrese, il quale si era visto addebitare un corposo debito orario con annessa richiesta di restituzione alla struttura sanitaria di quasi 60.000 euro. Per i giudici, invece, il dirigente medico non era tenuto a rispettare un orario di lavoro minimo e quindi è palese l’illegittimità del provvedimento di determinazione di un debito orario e altrettanto palese è la mancanza di fondamento dell’indebito contestatogli dalla struttura sanitaria. Accolta la tesi proposta dal dirigente medico, il quale ha sostenuto che il direttore di una unità operativa complessa non è obbligato allo svolgimento di un orario di lavoro minimo e percepisce la retribuzione di risultato, in parte fissa e in parte variabile, sulla base del raggiungimento degli obiettivi prefissati. Per i giudici il quadro è chiaro: non vi è alcun elemento che faccia ritenere che la contrattazione collettiva intenda sottoporre il dirigente di struttura complessa alla prestazione minimale dell'orario di lavoro di trentotto ore settimanali, perché, pur prevedendo una presenza in servizio per il direttore di struttura complessa, non la predefinisce quantitativamente e lascia piuttosto alla autoresponsabilità del direttore di armonizzare la presenza in servizio con le presenze degli altri dirigenti al fine di realizzare i programmi e gli obiettivi assegnati.